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In un forum che tratta di salute e malattie, può succedere che improvvisamente qualcuno offra la soluzione tanto agognata, via mail o via messaggio privato.
DIFFIDATE sempre, controllate, ricercate e chiedete. Chiedete ad altri foristi se per caso conoscono questo prodotto, chiedete se esistono dei test e delle testimonianze attendibili.

Che il cibo sia la tua unica medicina (Ippocrate).
Il filosofo Feuerbach asseriva che noi siamo quello che mangiamo (e quello che beviamo), quindi, vi sono cibi che ammalano e cibi che guariscono. Una corretta alimentazione è la base per un sano vivere.

Domanda Rapporto alimentazione/ DNA (patrimonio genetico).

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12 Anni 1 Mese fa - 12 Anni 1 Mese fa #4841 da Raffaele/Michelangelo
Risposta da Raffaele/Michelangelo al topic Re: Rapporto alimentazione/ DNA (patrimonio genetico).
In base alle ricerche e alle intuizioni ch’ebbe a suo tempo lo studioso austriaco Karl Landesteiner agli inizi del ventesimo secolo, fu possibile classificare gli uomini, tenendo conto delle peculiarità di emoagglutinazione (meccanismo fisico-chimico attraverso il quale degli anticorpi producono l’agglutinazione ossia la composizione di “ammassi” di antigeni che precipitano), in 3 gruppi ossia A, B, C (che un decennio dopo fu cambiato con 0).

Già, perché il tipo AB, il più infrequente, fu individuato solo un po’ di tempo più tardi da due discepoli dello stesso ricercatore pre-menzionato.

A onor del vero, dato che questa osservazione ebbe ripercussioni notevoli e aprì la via all’immunoematologia, già un ventennio prima Leonard Landois (fisiologo tedesco di Greifswald), all’avanguardia nella ricerca sulle trasfusioni di sangue e sui fenomeni di agglutinazione, mostrò come gli eritrociti presi da una determinata specie d’animali e mischiati con siero d’animali di specie differente esitavano in fenomeni d’agglutinazione, anche con lo scoppiamento delle stesse emazie.

Ma la vera e propria colonna portante dell’immunoematologia fu l’esperienza di Landsteiner e di Solomon Alexander Wiener che condusse alla conoscenza del fattore Rh.

In particolar modo, Landsteiner connotò negli eritrociti della scimmia Macaca rhesus un antigene (sostanza che può attivare risposte di tutela nell'organismo) in grado di attivare nel flusso ematico di altri soggetti un evento d’agglutinazione identico a quello che interviene tra gruppi sanguigni non compatibili.

La conclusione fu la classificazione in Rh+ e Rh-, in relazione al fatto se l'antigene sia o meno presente.

La scoperta fu importantissima ai fini dell'eritroblastosi fetale che, per come predetto nel post precedente, mostra incompatibilità fra il sangue materno Rh- e quello del feto Rh+ con gravissime ripercussioni per il nascituro (se non si approntano anzitempo le necessarie contromisure), ma anche in collegamento ad altre risposte emolitiche trasfusionali, vincolate a meccanismi d’isoimmunizzazione (evidenziazione nel flusso ematico di anticorpi fabbricati da antigeni non presenti nel corpo del soggetto, bensì in soggetti della stessa specie).

Già comunque dagli inizi del ventunesimo secolo, gli immunoematologi spostarono l’alzo dai gruppi sanguigni dei globuli rossi a quelli delle piastrine e particolarmente dei globuli bianchi.

Conoscete il sistema HLA?

Esso è l’antigene umano leucocitario (Human leukocyte antigen), ossia il Complesso Maggiore d’Istocompatibilità (Major Histocompatibility Complex) della specie umana, costituito da molecole ubicate sulla superficie cellulare che operano come antigeni e attivano nei confronti del sistema immunitario d’un individuo estraneo una specifica risposta immunologica ch’è, per es., quella osservabile del rigetto nei trapianti: se le cellule del tessuto trapiantato non possiedono gli stessi antigeni HLA del ricevente, ossia se il tessuto non è HLA-compatibile, esso non è accettato ed è rigettato.

Infatti, si esegue in anticipo la procedura di tipizzazione tissutale proprio per appurare che il donatore e il ricevente siano HLA-compatibili.

Parimenti, le molecole del sistema HLA sono decisive anche nei dispositivi d’identificazione immunitaria dei materiali estranei all'organismo.

In buona sintesi, gli antigeni del sistema HLA connotano la “conciliabilità” dei tessuti, dato ch’essi figurano sia sui leucociti sia sulle cellule dei tessuti.

Inoltre, la membrana citoplasmatica degli eritrociti detiene sostanze con caratteristiche antigene (oltre una sessantina), appartenenti a differenti sistemi (14), quali per l’appunto quelli maggiormente conosciuti AB0 e Rh.

L’esame ematico si fa con particolari reattivi ossia il siero anti-A e quello anti-B: se non si ha alcun effètto, il sangue è del gruppo 0, se invece c’è una risposta al siero anti-A, il sangue è del gruppo A e così via (se c’è una risposta al siero anti-B, il sangue e del gruppo B; se c’è una risposta sia al siero anti-A sia a quello anti-B, il sangue è del gruppo AB).

Alla prossima.

Raffaele.
Ultima Modifica 12 Anni 1 Mese fa da Raffaele/Michelangelo. Motivo: autocorrezione
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12 Anni 1 Mese fa #4929 da sampei
Cosniglio a tutti sull'argomento nutrigenomica il libro del prof. Ongaro "Mangia che ti passa".. uno dei più interessanti da me letti! Ciao raffaele e ciao a tutti
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12 Anni 1 Mese fa #4934 da Hall

sampei ha scritto: Cosniglio a tutti sull'argomento nutrigenomica il libro del prof. Ongaro "Mangia che ti passa".. uno dei più interessanti da me letti! Ciao raffaele e ciao a tutti


Concordo a pieno con sampei. Il libro é interessantissimo ne consiglio un attenta lettura a tutti e in particolar modo a coloro
Che non hanno trovato una strada alimentare . ;)
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12 Anni 1 Mese fa - 12 Anni 1 Mese fa #5125 da Raffaele/Michelangelo
Risposta da Raffaele/Michelangelo al topic Re: Rapporto alimentazione/ DNA (patrimonio genetico).
Prima di schematizzare le peculiarità immunoematologiche del sistema AB0, è conveniente precisare che gli uomini sono ripartibili in 4 estesi gruppi sul presupposto che figurino o meno negli eritrociti 2 specifiche proteine, agglutinogeno A e agglutinogeno B e vi sia la concomitante ubicazione o meno nel siero dei corrispettivi anticorpi (agglutinine in grado di sterminare sia in vitro sia in vivo gli eritrociti con antigeni di gruppo diverso mediante una risposta di "agglutinazione") anti-A e anti-B.

Da questa premessa consegue che:

-gruppo 0: alcun agglutinogeno negli eritrociti; anti-A e anti-B nel siero;

-gruppo A: agglutinogeno A negli eritrociti; anti-B nel siero;

-gruppo B: agglutinogeno B negli eritrociti; anti-A nel siero;

-gruppo AB: agglutinogeni A e B negli eritrociti; alcuna agglutinina nel siero.

È in sintesi l’agglutinogeno a connotare il nostro gruppo sanguigno, le cui peculiarità, escludendo alcune singolarità, permangono stazionarie per tutto il corso della nostra esistenza.

L’antigene s’avvede se un intruso (molecola non riconoscibile) entra nel nostro corpo, quindi attua, quale sistema di protezione, la produzione di anticorpi da contrapporre all’antigene estraneo.

Come dire, il nostro Sistema Immunitario appronta determinati anticorpi per ogni specifico intruso, i quali andranno ad ancorarsi all’antigene sconosciuto con lo scopo di debellarlo e renderlo innocuo.

Ogni giorno della nostra vita trascorre così all’insegna di questa lotta intestina tra il nostro corpo e l’infiltrato, un combattimento in cui gli antigeni ospiti mettono in atto tutti i più svatiati espedienti (nascondersi, mimetizzarsi, …) per propiziarsi i loro aggressori.

Se un microrganismo patogeno entra in Noi, non essendo accettato dal nostro S.I., subirà l’aggressione da parte di circostanziati anticorpi, la quale esiterà nella specifica risposta denominata “agglutinazione”, reazione per cui gli anticorpi specifici del flusso ematico (agglutinine) indurranno l'agglomeramento di sconosciuti (batteri, virus, germi, eritrociti di emogruppo diverso), che si salderanno coriacemente tra di loro, precipiteranno e sedimenteranno nel flusso sanguigno e linfatico.

Ecco spiegato il motivo per cui dobbiamo tenere intatto e funzionale il nostro Sistema Immunitario.

Mentre un tempo si poteva rischiare la morte per una semplice trasfusione, oggi sappiamo con certezza quali emogruppi siano ritenuti “amici” da altri.

Osservate.

1) Gli individui con emogruppo A possiedono anticorpi anti-B, ossia rifiutano il sangue dell’emogruppo B.

2) Gli individui con emogruppo B possiedono anticorpi anti-A, ossia rifiutano il sangue dell’emogruppo A.

3) Gli individui con emogruppo AB non possiedono sia anticorpi anti-A sia anticorpi anti-B, ossia possono avere il sangue da qualsiasi donatore e non possono darlo ad alcun emogruppo (data la presenza negli eritrociti sia dell’antigenene A sia dell’antigene B ) se non al proprio, ossia a quelli dell’emogruppo AB.

4) Gli individui con emogruppo 0 possiedono anticorpi anti-A e anti-B, ossia rifiutano il sangue di tutti gli emogruppi (A, B, AB) ma sono compatibili con quello di altri soggetti dello stesso gruppo 0; essi possono donare il proprio sangue a qualsiasi emogruppo, infatti sono appellati “donatori universali”.

Per verificare quanto sia potente ed efficace l’azione promossa dagli anticorpi contro gli eritrociti di emogruppo diverso basta osservare a occhio nudo due gocce di sangue tra loro non emo-compatibili.

Diversamente dagli altri anticorpi circostanziati nella loro fabbricazione a qualsiasi bisogno, quelli degli emogruppi sono approntati in modo autonomo.

Li possediamo nel flusso ematico già dalla nascita e conseguono dei valori diciamo permanenti dal quarto mese di vita in poi.

Dal punto di vista nutrizionale, sono diversi gli alimenti che possono agglutinare le cellule di certuni emogruppi, producendo così un fastidioso stato di malessere analogo ma di minor intensità rispetto a quello rilevabile del rigetto nei trapianti di organi non compatibili.

Per specificare meglio, un cibo può in un emogruppo arrecare benessere mentre in un altro risultare nocivo per cui va considerato lo stretto rapporto tra gli emogruppi e l’alimentazione.

È il caso poi di precisare che in assoluto non c’è un gruppo sanguigno superiore a un altro: per es., gli emogruppi A e B connotano propensione a problemi di vario tipo se affètti da tumori maligni e da patologie cardiache; quelli dell’emogruppo 0 sono tartassati da malattie infettive acute virali, quelle trasmesse dal virus influenzale di tipo A o da tipologie influenzali ancor più aggressive; quelli dell’emogruppo A hanno una buona tenuta nei confronti dei virus influenzali di tipo A ma sono più propensi a influenzarsi con le forme più leggere; quelli dell’emogruppo B sono i più esposti al virus influenzale di tipo A, quello H3N2, ma pochissimo verso quello H1N1; quelli dell’emogruppo AB sono fortemente esposti verso tutti i microrganismi influenzali con inconvenienti postumi talvolta molto fastidiosi.

Anche i vaccini, i quali si servono dei virus più trasmessi nell’anno precedente rendono solo nel caso in cui i microrganismi dell’anno in corso non presentino grosse variazioni, le quali annullerebbero la validità virale: per es., i virus influenzali di tipo A hanno un tale “assortimento” che spesso non sono previsti dagli addetti ai lavori certi risvolti pandemici che mietono purtroppo parecchie vittime.

Raffaele
Ultima Modifica 12 Anni 1 Mese fa da yagoo40.
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12 Anni 1 Mese fa - 11 Anni 10 Mesi fa #5242 da Raffaele/Michelangelo
Risposta da Raffaele/Michelangelo al topic Re: Rapporto alimentazione/ DNA (patrimonio genetico).
L’apparato digerente e quello immunologico sono tra di loro in stretta collaborazione.

Nel nostro patrimonio genetico si trovano tutte le memorie, anche quelle appartenute ai nostri predecessori cavernicoli e di tipo nutrizionale o altro.

Infatti, le nostre consuetudini dietetiche hanno prodotto profondi cambiamenti nel nostro DNA, di gran lunga superiori a qualsiasi altro evento, determinando ciò una trasformazione a “cascata” in tutto il Pianeta.

Gli alimenti (ma anche altri fattori) coi quali i nostri eritrociti entrano in contatto producono delle reazioni che portano alla formazione di nuovi geni, che assommandosi sempre più conseguiranno nel trascorrere degli anni una carica genetica tale da determinare una brusca trasformazione evolutiva, molto dissimile da quella definitaci da Charles Darwin.

Così è accaduto nel caso della fulminea comparizione degli emogruppi.

Determinati cibi hanno sovrabbondanza di lectine, una famiglia di proteine le quali causano a nostra insaputa reazioni agglutinanti nel flusso ematico.

Esse costituiscono un valido strumento per catturare i microrganismi patogeni, quando questi non riescano (essendo provvisti di lectine) a fissarsi solidamente alle mucose del nostro corpo, risultando un serio problema per i soggetti da esse infestati.

Lo stare in vita, il relazionarsi con l’ambiente portano a variare nel tempo significativamente il nostro e l’altrui patrimonio genetico.

Tra le intolleranze alimentari più propagate nel pianeta c’è al primo posto indubbiamente quella al lattosio, intolleranza ribadisco e non allergia che subentra invece per un’opposizione del nostro S.I. alle proteine del latte.

Ovviamente, vi sono vari livelli d’intolleranza.

Di solito decorsa una mezz’oretta, ma anche entro il tempo di 2 ore dal momento in cui si è assunto del latte o dei prodotti da esso ricavati (yogurt, formaggi, …) si avvertono i primi sintomi quali spasmi, senso di gonfiore, voltastomaco, gas e fastidi intestinali, frequentemente uniti a sfoghi della pelle di vario tipo, sintomi che si protraggono anche per giorni se l’episodio è acuto.

Si può addirittura verificare d’essere intolleranti al lattosio ma che tale evenienza rimanga latente per un periodo piuttosto lungo, per comparire poi all’improvviso nella maturità degli anni.

La motivazione dell’intolleranza è in linea di massima riconducibile a un deficit primario congenito ossia all’assenza dell’enzima lattasi, il quale è fabbricato dalle cellule a livello enterico, nel tenue.

Tuttavia, alcune patologie quali, per es., l’intolleranza al glutine, le irritazioni e le infezioni intestinali, il morbo di Crhon sterminano le cellule preposte alla fabbricazione della lattasi e allora si parla d’intolleranza secondaria o acquisita.

Tutti sappiamo che nel Latte e nei suoi derivati vi sia il lattosio, un tipo di zucchero (disaccaride) non molto dolce generato dall’unione di una molecola di beta D-(+)-galattosio e da una di D-(+)-glucosio.

Purtroppo, il livello enterico non può metabolizzare il lattosio, deve scinderlo attraverso l’enzima lattasi nei due costituenti menzionati.

Se però tale enzima manca, ecco che il disaccaride non è assimilato nel tratto intestinale ed è pertanto aggredito dai microrganismi di questo livello con tanto di lievitazione e di elaborazione di scarti che avviano tutti quei fastidi cui prima accennavo.

Fintanto ch’è in piccola età (max. 2 anni), l’infante elabora l’enzima lattasi in modo da poter assorbire e digerire il latte della madre; dopodiché, col divezzamento, se si è intolleranti, s’arresta o si riduce sempre più la fabbricazione dell’enzima.

Considerate che gli asiatici d’America hanno un’intolleranza al lattosio quasi del 100%, gli americani autoctoni tra l’80 e il 100%, i neri americani d’origine africana intorno all’80%, noi italiani, per es., i siciliani di un buon 70%.

La predisposizione all’intolleranza di tipo primario al lattosio è ascrivibile a un polimorfismo genetico nella posizione C/T 13910 dovuto alla sostituzione del nucleotide CT in una posizione del gene regolatore di LCT (Primary Lactose Intolerance), che nell’omozigosi (stato nel quale ciascuno dei due o più alleli di uno stesso gene, ubicati in ciascun cromosoma omologo, codificano in maniera simile) conduce a una carenza dell’enzima lattasi nei microvilli della prima parte enterica.

Dunque, gli individui omozigoti sono intolleranti al lattosio (latticini e tutti gli alimenti contenenti lattosio), infatti la dose di Lattasi declassa sistematicamente fino al ventesimo anno d’età, periodo nel quale insorgono le prime avvisaglie patologiche quali senso di pesantezza gastrica, aria nel tratto gastro-enterico, mal di pancia, coliche, dissenteria, voltastomaco, conàti di vomito.

Certe situazioni come anche Il trascorrere degli anni peggiorano poi molto questa condizione con tanto di carenze nutrizionali, reazioni della pelle, stati depressivi.

Ecco, un elenco di alimenti da escludere dalla dieta in caso d’intolleranza al Lattosio:

-tutto il latte (capra, pecora, bufala, vaccino, intero e scremato, in polvere o in pasta);

-tutti i formaggi (sia freschi sia stagionati) e i formaggini;

-yogurt; ricotta; panna; burro; gelati; crema; fiordilatte;

-prodotti che hanno il lattosio (pane bianco, margarina, certi tipi di caramelle, biscotti, salumi, condimenti per insalate).

Per il calcio, il cui valore giornaliero d’assunzione a persona oscilla intorno al grammo, è conveniente introdurlo da certi cibi (latte di soia con calcio, sardine, salmone, broccoli, arance, fagioli, tonno) ma anche da Ascorbato di Magnesio e da Chelated Magnesium della Solgar irlandese.

Per l’assimilazione del calcio è anche utile integrare la vitamina D da alimenti quali le uova biologiche o il fegato di animali naturali, dal Sole e da integratori tipo il Vm 2000 della Solgar irlandese.

Raffaele
Ultima Modifica 11 Anni 10 Mesi fa da Raffaele/Michelangelo.
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12 Anni 1 Mese fa - 11 Anni 10 Mesi fa #5487 da Raffaele/Michelangelo
Risposta da Raffaele/Michelangelo al topic Re: Rapporto alimentazione/ DNA (patrimonio genetico).
Molti soggetti hanno difficoltà anche rilevanti nei confronti di alimenti che contengono il grano, ma il fatto più sconcertante è che una buona cerchia di costoro non ne sia affatto cosciente, per via che gli effètti si fanno sentire solo postumi e sono per giunta di non chiara collocazione.

Il grano, come saprete, si compone di abbondanti dosi di glutine e di gliadina (proteina costituente del glutine), nonché di altre proteine, di amidi, di grassi, di zuccheri, di vitamine e di enzimi.

Consideriamo ora che più d’un 50% di coloro che mostrano problemi digestivi hanno nel siero anticorpi sia del glutine sia delle gliadine e che secondo una certa stima ben 1 individuo su 8-9 risulterebbe intollerante al glutine, con tanto di mucosa enterica schiacciata se non completamente insussistente, senza peraltro riferire alcun fastidio.

La lectina, sulla quale si potrebbe aprire tutto un thread a sé, presente nel frumento ma anche in diversi altri cereali, si può attaccare a mo’ di ventosa alle pareti enteriche producendo quella tormentosa irritazione che in molti abbiamo avuto modo di conoscere, specialmente se si appartiene, per es., al gruppo 0, per via ch’essa è capace d’agglutinare gli eritrociti di questo emogruppo.

Inoltre, dato che le lectine presentano conformazioni differenti a seconda se derivino dal grano piuttosto che dalla soia o da altro, esse reagiranno con materie diverse, per cui ora l’una ora le altre procureranno “guai” all’emogruppo, si fa per dire, di Francesco, di Chiara, di Maria Luisa, di Antonio …

Intendiamoci, se non si fosse intolleranti alla lectina, essa ci arrecherebbe un gran giovamento!

Purtroppo, anche il nostro sistema nervoso risente molto del fenomeno di agglutinazione procurato dalle lectine alimentari.

Si pensi ai bambini iperattivi.

Delle evidenze scientifiche connotano inoltre come gli affètti da schizofrenia siano molto esposti alle aggressioni di lectine molto usuali, diffuse.

E ancora: se inoculassimo la lectina delle lenticchie nel livello articolare d’un coniglietto gli produrremmo una discreta infiammazione, con peculiarità del tutto analoghe a quella dell’artrite reumatoide.

Difatti, chi soffre di questa patologia sta meglio se esclude dalla propria dieta alimenti quali i pomodori, le patate, le melanzane, …

Le Solanacee possiedono tantissime lectine.

E non è tutto: le lectine sono mitogeni ossia possono, ancorandosi sulla superficie dei leucociti, sollecitarne la proliferazione, con tutti quegli effètti che potete, se vorrete farlo, leggere nel mio thread intitolato “Eziopatogenesi del Cancro”.

Raffaele
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